Emanuele Bana al convegno "Noi siamo Repubblica"

Emanuele Bana: “Non si fa la rivoluzione da soli”

In questa società dominata dalla speculazione, dalla solitudine, dalla dematerializzazione, dall’informazione omogeneizzata e dalla distruzione, il lavoro sociale in forma collettiva è rivoluzionario.

C’è l’educatore, che condivide la sua vita in comunità, che fa addormentare un bambino, che si sveglia all’alba per preparare la colazione, che sta seduto di fianco a un ragazzino a scuola e lo aiuta a tessere relazioni con i compagni; l’assistente sociale che accoglie le persone, che partecipa a uno sgombero, che fa un colloquio con due genitori in conflitto; il custode sociale che accompagna una persona anziana a una visita, che la aiuta nella sua igiene, che le fa compagnia; l’operatore sociale che consuma passi sui marciapiedi di un quartiere, incontra cittadini e associazioni, cuce un territorio.

Emanuele Bana al convegno "Noi siamo Repubblica"
Emanuele Bana al convegno “Noi siamo Repubblica”

Lavoriamo con i nostri corpi, incontriamo, rimbocchiamo coperte, puliamo, cuciniamo, ascoltiamo. E studiamo continuamente per fare bene tutto questo. Ma facciamo anche di più: siamo riuniti in cooperative dove cerchiamo di realizzare partecipazione, democrazia e mutualismo. Non solo perché insieme siamo più forti, ma soprattutto perché sappiamo che solo insieme si può costruire il senso del nostro lavoro.

La riprova, per me, arriva direttamente dalle parole di una volontaria di una nostra comunità diurna: dice che quando entra in quella casa «entra in un luogo pieno di cose che danno senso alla vita». Comin, così come Diapason e molte altre cooperative, si impegnano a fare solo cose piene di senso. Non lavoriamo solo per fare gli erogatori di servizi, per chiedere soldi per “pensarci noi” o per inventare bisogni che si adattino alle nostre belle idee; noi lavoriamo per il bene comune, costruendo comunità di persone insieme alle persone. In questo modo diamo dignità al lavoro sociale. Ma per farlo, abbiamo bisogno di compagni di viaggio.

Servono centrali cooperative, che difendano le organizzazioni del Terzo Settore in senso economico e politico, vigilando sul perimetro inviolabile della Costituzione, a prescindere dai colori dei governi che si succederanno e dalle stesse organizzazioni che ne faranno parte – comprendendo il grave fenomeno delle false cooperative. Non si può più fare educazione affettiva nelle scuole, il diritto internazionale “vale fino a un certo punto”, le politiche impoveriscono le persone e desertificano i territori, le scelte urbanistiche producono gentrificazione: siamo noi a dover curare le ferite prodotte da queste azioni e siamo stufi di farlo con i pochi soldi degli stessi speculatori che, nel frattempo, sfruttano tutto ciò che è sfruttabile.

Serve un sindacato che difenda non solo il singolo lavoratore nella singola vertenza, o che pensi che la cooperazione sia un immenso dumping del lavoro pubblico. Il sindacato deve essere un alleato della cooperazione per potenziare il nostro lavoro, la sua qualità e la sua sensatezza; soprattutto per tracciare un percorso ben definito di politiche sociali insieme agli enti locali.

Servono questi soggetti alleati a noi, perché la rivoluzione non si fa e non si vince se si è da soli.