Nell’acronimo CNCA, le ultime due lettere del nostro nome sono cambiate. Da “Comunità di Accoglienza” attente ai bisogni dei singoli e alla tutela dei diritti delle persone ospitate nei servizi territoriali, alle “Comunità Accoglienti” che indicano uno sguardo che si apre al mondo intero. Abbiamo voluto tradurre così la metafora del villaggio, che cura e fa crescere.

Affinché le comunità diventino accoglienti è necessario sognarle, coltivarle e rigenerarle. Rigenerare le comunità significa prima di tutto rigenerare le relazioni tra le persone e i diversi soggetti che le abitano, per almeno due motivi:
- Per contrastare l’isolamento, la solitudine e l’individualismo che caratterizzano questa fase storica;
- Perché vogliamo mostrare e raccontare con occhi diversi i fenomeni che ora spaventano: la povertà è diventata una colpa, le migrazioni un reato e l’adolescenza una patologia, se non una pericolosa forma aggregata di violenza.
Non sono tre esempi casuali: povertà, migranti e questione giovanile sono state oggetto di tre coprogettazioni con il Comune di Milano dai risultati positivi.
Ma aprire lo sguardo al mondo significa comprendere che la tutela dei diritti non si ferma al welfare, così come non si ferma entro i confini di una singola città. I ragazzi e le ragazze della generazione Z in Marocco scendono in piazza per chiedere fognature, sanità, istruzione. Vogliono un contrasto attivo alle diseguaglianze e alla povertà, per avere la possibilità di sognare un futuro.
Il futuro si costruisce difendendo l’ambiente, la nostra grande casa comune. I giovani hanno lanciato una sfida al modello economico estrattivista del passato; una questione che è divenuta oggetto di politiche europee con il Green Deal, adesso cancellato dal riarmo e dall’economia di guerra.
Il futuro si costruisce anche immaginando insieme una città che sia possibile da vivere e abitare. Questo apre a due questioni:
- Il diritto alla casa non è solo un problema residenziale e di regolamenti urbanistici. Non si risolve con una (sacrosanta) richiesta di edilizia pubblica o, in scala minore, con la riqualificazione e l’assegnazione degli appartamenti sfitti alle persone in lista; non si risolve con un piano casa finito su un binario morto; tantomeno, non si risolve pensando di affidare la funzione pubblica alle multinazionali del mattone.
- Il diritto alla casa richiama alla questione sociale di come si vive la città, di come si vivono i quartieri, di come si vive lo spazio pubblico. Il 6 settembre migliaia di persone erano in piazza “Contro la città dei padroni”, che non sono solo i palazzinari, ma l’intero modello di sviluppo e di crescita economica pensato per le città di tutto il Paese.
Lo spazio pubblico è stato regalato al mangificio, all’overtourism, agli “eventi” e alle “esperienze” che enfatizzano la narrazione di una città attrattiva. È vero che negli ultimi 12 anni sono arrivati 600.000 nuovi cittadini, ma la popolazione è aumentata solo di qualche decine di migliaia. Ergo, sono stati espulsi almeno 500.000 abitanti.
Rigeneriamo insieme la possibilità di utilizzo dello spazio pubblico e degli spazi sociali, che non sono solo i centri sociali occupati ed autogestiti, ma sono i luoghi e gli spazi della cittadinanza, fra cui rientra il primo, timido esperimento delle case di quartiere. Ma non basta.
Se torniamo alla corresponsabilità nella tutela dei diritti, con il Comune di Milano vorremmo agire insieme per rigenerare lo spazio pubblico, per fermare un percorso che sembra inarrestabile, per desiderare un futuro diverso da quello che la finanza e la politica internazionale, nazionale e regionale ci consegnano. Facciamolo insieme, nelle forme possibili e nelle forme più dirompenti, perché di questo c’è bisogno per andare oltre le conclusioni pragmatiche e realistiche che il Consiglio europeo ha sancito il 23 ottobre per fermare il Green Deal.
Dobbiamo impegnarci nell’ascolto reciproco, anche delle sottolineature critiche e conflittuali, che devono divenire stimolo per vedere e vedersi con sguardo rinnovato. Dopo il 6 settembre il Comune di Milano ha avuto almeno due occasioni per ascoltarci ma, ahimé, le ha fallite entrambe. Ce ne saranno sicuramente altre, ma spero che si possa ripartire insieme il prima possibile.

Concludo con una nota distante dai temi trattati finora. La sera del 23 ottobre eravamo a Bruzzano, insieme a migliaia di persone, per rimanere vicini dopo l’ennesima donna vittima di violenza maschile. Come CNCA contrastiamo il ddl Valditara emendato dalla Lega che chiede di vietare l’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole.
