Forse è arrivato il momento in cui tutto diventa buio e non ci sarà più posto per vedere la luce e i colori.
Forse il mondo sta correndo in una direzione che non è quella che abbiamo sempre sperato.
Forse il domani è sempre più pericoloso e tremendamente terribile.
Forse la bellezza sta svanendo e non c’è più posto per dirsi “ne vale la pena”.
Forse siamo “a corto di bellezza”. Forse non possiamo più sostenere che “la bellezza salverà il mondo”.
Dico forse perché tra le pieghe sottili di un mondo autocentrato, individualista e consumista rimane un piccolo porto che raccoglie e accoglie storie e narrazioni che navigano controvento, controcorrente. Zattere ricolme di uomini e donne che continuano incessantemente a… sperare.
Si vuole credere speranzosi che «la bellezza salverà il mondo» non in quanto visionari, ma in qualità di educatori, interessati al dover essere, a progettare nuove modalità di vita, ad orientare l’azione verso la costruzione di mappe sempre più ambiziose, impegnati a favorire forme di dialogo in cui vi possa essere sviluppo umano e progresso sociale mediante il confronto, la condivisione e lo scambio di significati.
La bellezza, allora, per me, esiste, resiste e continuerà fino a quando saremo in grado di dichiararci “tutori di speranza”, qualunque sia il luogo o il progetto in cui chiamati a rispondere. In questa dichiarazione sta la potenza della bellezza del lavoro educativo. E i “forse” rimarranno, ma i porti si moltiplicheranno.
Giulia, educatrice per Fondazione Somaschi Onlus
La parola educare può essere accostata a servire e accompagnare: l’educatore c’è, notte e giorno, e questa presenza è la più tangibile testimonianza che è unicamente un lavoro di passione. Incontrare tante persone con le proprie culture, tradizioni, caratteri ed interessi diversi mi affascina e coinvolge: scoprire le molteplici varietà è sempre un arricchimento.
Amo questo lavoro perché mi permette di scontrarmi ogni giorno con la libertà dell’altro che è caratterizzata da tante sfumature di colori e ciò mi obbliga a spostare la mia posizione per avvicinarmi a loro.
Elena, educatrice per Fondazione Somaschi Onlus
Il bello di fare l’educatrice è un insieme di petali profumati. È non annoiarsi mai: c’è sempre un imprevisto, un nuovo ingresso, una chiamata da gestire, una sorpresa.
È crescere nella capacità di ascoltare, assaporare l’attesa che fa maturare scelte importanti. È cadere, sbagliare, sentirsi fallite. È scoprire a posteriori che il percorso finito bruscamente ha lasciato segni importanti perché ha permesso all’altrə di sentirsi vistə, accoltə, ascoltatə anche quando dicevamo cose scomode.
È valorizzare i piccoli passi, riscoprire se stesse insieme alle persone con cui lavoriamo, imparare da loro e dalla vita.
Elisa, educatrice per Fondazione Somaschi Onlus
La Fondazione Somaschi, da oltre 500 anni, sull’esempio di San Girolamo Emiliani, offre accoglienza e aiuto alle persone più vulnerabili. Ai Padri Somaschi si sono aggiunti, nel tempo, educatori e volontari e nel 2011 è nata Fondazione Somaschi.
