Case rifugio e centri antiviolenza: un servizio esclusivo?

Per il Cnca Lombardia e le sue  46 organizzazioni offrire una varietà di servizi, in aggiunta a quelli di accompagnamento a donne che hanno subito violenza, è un arricchimento. Oltre all’aiuto specializzato, l’esperienza delle cooperative sociali e delle altre organizzazioni in diversi settori, come quelli delle dipendenze, dei minori, delle persone senza fissa dimora e della migrazione, permette alle operatrici di dare alle donne che si rivolgono a loro un aiuto completo. 

Tuttavia, come ricorda Eleonora Del Fabbro, coordinatrice del gruppo antiviolenza del Cnca, molte delle organizzazioni che fanno cooperazione sociale implementano anche altre tipologie di attività. Un vincolo del genere rischia di generare un effetto opposto e, anziché garantire servizi di qualità, ridurre drasticamente i posti di accoglienza.

La Convenzione è al momento in uno stato di stand-by proprio perché, dopo essere stata approvata e dopo una fase di primo adeguamento, le Regioni stesse si sono accorte che alcuni requisiti sono problematici e potrebbero generare una diminuzione dei servizi. “Il rischio di chiusura però -avverte Del Fabbro- resta altissimo”.

Tra i criteri imposti dalla nuova convenzione ci sono anche quelli di avere un’esperienza almeno quinquennale nel settore, essere dotati di spazi adeguati e avere un personale costituito da sole donne, in continua formazione: requisiti condivisibili e sensati per garantire degli standard minimi per Cav e case rifugio.

L’obiezione sollevata dal Cnca Lombardia è che il criterio di esclusività del servizio non valuti davvero la qualità degli interventi offerti. “In che modo la gestione del bilancio può misurare l’efficacia del lavoro? Perché dovrebbe essere un disvalore il fatto che, con un numero adeguato di personale, un’organizzazione offra altri servizi che possono beneficiare le stesse donne che hanno sperimentato violenza? -si chiede Del Fabbro- Io la vedo solo come una risorsa che non inquina l’operato ma al contrario nobilita il servizio che offriamo”.

Dalle 88 case rifugio e dai 66 centri antiviolenza gestiti dalle organizzazioni del Cnca a livello nazionale, appare chiaro che il maltrattamento è quello che porta le donne a chiedere aiuto ma durante la permanenza nei rifugi emergono molto spesso altre fragilità nelle ospiti: problemi di dipendenza, mancanza di lavoro, disturbi psichiatrici e assenza di una casa. La violenza sulle donne che vivono in strada -sia da parte di sconosciuti che dei propri partner-, per esempio, è un tema frequentissimo ma ampiamente ignorato.

“Premesso che sposiamo a pieno i valori e le scelte politiche dei movimenti femministi che hanno portato all’apertura delle prime associazioni, per noi è una risorsa avere in seno alle organizzazioni del Cnca tante tipologie di attività che possono aiutare le donne nella complessità del problema: trovare una casa, inserirsi nel mondo del lavoro, o a ricevere delle cure personalizzate. Avere diverse progettualità non toglie valore alla professionalità delle operatrici dei Cav e delle case rifugio, così come non pregiudica in alcun modo l’utilizzo della metodologia basata sul genere”.

La stessa Convenzione di Istanbul del 2011, primo trattato internazionale giuridicamente vincolante a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza, attribuisce grande importanza a politiche integrate. “Quello a cui assistiamo con sempre maggior frequenza è una compresenza di fragilità. Pensare di poter affrontare il problema da solo -conclude Del Fabbro- è una visione anacronistica e irrealistica”.

25 novembre 2016: Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – “Ancora un terzo delle donne è vittima di violenza; ma raddoppiano consapevolezza e denuncia”

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Oltre 200 tra donne e bambini che provengono da situazioni di maltrattamenti prese in carico dalle 6 realtà aderenti a CNCA Lombardia

La storia di Angela, 31 anni, che è riuscita a fuggire dal compagno

Milano, 21 novembre 2016 – Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel dicembre 1999.

I dati ISTAT dicono che i numeri della violenza sono enormi:

  • nel 2014 sono 6.788.000 le donne vittime di violenza in Italia
  • il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni
  • il 20,2% ha subito violenza fisica, il 21% violenza sessuale,
  • il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri.
  • Sono 652 mila le donne che hanno subito stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri.
  • 3 milioni 466 mila donne hanno subito stalking nel corso della vita, il 16,1% delle donne.
  • Di queste, 1 milione 524 mila l’ha subito dall’ex partner, 2 milioni 229 mila da persone diverse dall’ex partner.

Ma in questo scenario così drammatico una nota positiva c’è: negli anni è aumentata la consapevolezza. Se nel 2009 solo il 14,3 % delle donne considerava reato la violenza Continua a leggere