Caro Ferdi,
in uno dei tuoi ultimi saluti alle amiche e agli amici hai citato il verso potente di Gibran “è quando si arriva sulla vetta che si comincia a salire”, a prefigurare quegli inizi di viaggi per terre sconosciute che aspettano tutte/i noi: ci consola in questi giorni l’idea che tu sia partito in avanscoperta, anche se la tua assenza fa male, tanto male.
Sei stato per tanti anni un nostro carissimo compagno di viaggio nei tanti incontri ed appuntamenti del CNCA Lombardia e Nazionale: in te abbiamo trovato un amico gentile, discreto e vero; hai condiviso con noi tante avventure e tanti pensieri con la tua semplicità tante volte disarmante, che sapeva arrivare precisa al succo delle cose ed era capace di raccontarlo in maniera chiara e comprensibile a tutte/i.
Anche in questi anni faticosi di malattia, non ti sei mai tirato indietro, anzi ti sei donato e molto fino all’ultimo: tenevi tanto ai percorsi che abbiamo costruito insieme e hai voluto portare il tuo contributo significativo fin quando hai potuto. Resta il rammarico di non essere riusciti negli anni scorsi ad offrire intorno al tema della fragilità quel percorso pensato e ripensato che prevedeva lo spettacolo “Icaro” della Compagnia ticinese “Finzi Pasca”, che ti aveva così profondamente colpito.
Ci hai insegnato tanto sull’amicizia e sulla possibilità di affrontare con speranza le prove dolorose della vita: non solo in questo tuo ultimo periodo sofferto, ma anche quando anni fa ci mandavi via SMS i “messaggi del Cavaliere”, nel periodo in cui tu e Irene avete affrontato la prova della nascita del vostro primo figlio Lorenzo e dell’intervento che ha dovuto subire nelle sue prime settimane di vita. Hai praticato questa bella idea dell’amicizia come di una rete, che, si sia vicini o si sia lontani, sostiene e rafforza le relazioni, tanto nei momenti felici quanto soprattutto in quelli più faticosi, perchè tessuta e arricchita da una trama di racconti veri, semplici, profondi, che affondano le loro radici nel mistero dell’esistenza e che chiamano a raccolta i nostri cuori e le nostre menti intorno a quello che è essenziale e fondativo per le nostre vite.
Ci lasci un compito gigantesco: come possiamo “ri-organizzare la speranza”, secondo quella tua folgorante frase che ci hai donato nel corso dell’ultimo percorso del Gruppo “Così vicini Così lontani” in cui ci siamo confrontati sulle tante risonanze poste dalla questione del “maschile e del femminile” all’interno dei nostri Gruppi, nei progetti che portiamo avanti e nei territori che abitiamo? Tanto ci ha colpito quella frase, per la sua potenza evocativa e perchè rilanciata da te nella tua condizione di grande fatica e fragilità, che abbiamo deciso di inserirla nel titolo del Seminario che su questo tema faremo il prossimo 11 maggio a Milano e che dopo la tua partenza abbiamo deciso insieme di dedicare a te, come primo momento pubblico in cui ricordarti e ringraziarti, a cui speriamo e ci impegnamo a fare seguire altre significative occasioni.
Siamo consapevoli che per “ri-organizzare la speranza” ci vuole tempo, tanto tempo e fatica, e passione e gioia: ma che il tempo è questo ed è poco, come lo è stato per te, per cui non dobbiamo perderlo in quello che non è essenziale, come tu fino all’ultimo ci hai insegnato con la tua vita.
Ti ringraziamo per averci voluto come amiche/i e compagne/i di viaggio: è stata per noi una grande occasione di crescita personale e comunitaria.
Ti salutiamo con le 2 poesie del nostro comune amico, Padre David Maria Turoldo, con cui ti abbiamo salutato e ringraziato al tuo funerale:
Canta il sogno del mondo
Ama
saluta la gente
dona
perdona
ama ancora e saluta
(nessuno saluta
del condominio,
ma neppure per via).
Dai la mano
aiuta
comprendi
dimentica
e ricorda
solo il bene.
E del bene degli altri
godi e fai
godere.
Godi del nulla che hai
del poco che basta
giorno dopo giorno:
e pure quel poco
– se necessario –
dividi.
E vai,
vai leggero
dietro il vento
e il sole
e canta.
Vai di paese in paese
e saluta
saluta tutti
il nero, l’olivastro
e perfino il bianco.
Canta il sogno
del mondo:
che tutti i paesi
si contendano
di averti generato.
(da “Il grande male”, 1987)
E quando avrò
Quando avrò dalla mia cella
salutato gli amici e il sole
e si alzerà la notte,
finalmente
saldato il conto,
campane
suonate a distesa:
la porta è da tempo
segnata dal sangue
pronte le erbe amare
e il pane azimo:
allora andremo
leggeri nel vento.
(da “Canti ultimi”, 1991)
Ciao Ferdi, amico, compagno, fratello,
operatore di pace, affamato e assetato di giustizia