La giornata è grigia, l’eccezione in un’estate torrida. Quel pomeriggio noi quattro, ciclisti amatoriali, pensiamo solo a pedalare per arrivare alla fine della tappa.
Noto una donna che inizia a sbracciarsi, cercando la nostra attenzione. Si chiama Louise, avrà una sessantina d’anni. Appare tranquilla, ma ha bisogno di aiuto: la ruota posteriore è sgonfia e non riesce a cambiarla.
Decidiamo di darle una mano. In quel momento Louise dice una frase che mi colpisce: “Mercì! Che fortuna! Ho un’intera équipe a disposizione”.
Come un lampo, la parola “équipe” mi ricorda il lavoro educativo che prevede, infatti, una prima scelta importante: fermarsi.
Proprio come accadeva in comunità, quell’ora trascorsa insieme mi ha coinvolta, conducendomi a ricordare l’elemento tipico dell’educatore: il contatto con l’altro.
Quel pomeriggio riusciamo a sistemare la bici di Louise.
Non so onestamente quanta strada Louise abbia fatto una volta che ci siamo salutati. Forse è arrivata fino a casa, forse solo alla tappa successiva. Ma sappiamo che è ripartita, esattamente come noi, e questo non può né deve essere mai considerato un dettaglio.
E quindi alla fine, nella similitudine di quel pomeriggio, il pensiero è stato che il lavoro educativo si esprime con la competenza e, soprattutto, attraverso il più grande amore per l’altro, la cura e la scelta dell’incontro.
La delicata bellezza del lavoro educativo è che questo esprime l‘infinito e l’istante, il gesto e la traiettoria. In poche parole, la vita.
Roberta Sabbatini, operatrice Arché
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Fondazione Arché Onlus accompagna i bambini e le famiglie vulnerabili nella costruzione dell’autonomia sociale, abitativa e lavorativa offrendo servizi di supporto e cura. Attraverso l’impegno di volontari e operatori, favorisce la cura dei legami familiari più fragili e lo sviluppo di una comunità più coesa e matura. Perché crede che l’azione del singolo possa contribuire alla realizzazione di una cittadinanza attiva e solidale.