Esperienze che raccontano la bellezza del lavoro sociale

Il mio lavoro in comunità inizia circa 3 anni e mezzo fa e si tratta della prima esperienza lavorativa nell’ambito del lavoro sociale.

Ci si confronta ogni giorno con tante realtà diverse ognuna ricca di vissuti ed esperienze personali. Tra queste, fragilità e problematiche da affrontare e da smussare.

La particolarità di questo lavoro sta nel prendere per mano le persone che richiedono aiuto e accompagnarle giorno dopo giorno, passo dopo passo, nel percorso che han deciso di intraprendere. Significa fare in modo che non si sentano sole, fare in modo che sappiano che c’è qualcuno pronto ad ascoltarle e a supportarle: si costruisce un legame di crescita reciproca e di fiducia.

L’educatore non cambia le persone, tanto meno la vita delle persone, non fornisce soluzioni e non risolve i problemi, bensì ascolta, comprende, sostiene, rimprovera, nell’obbiettivo che le persone ritrovino il senso della vita e riescano ad apprezzare la loro esistenza così com’è per poter scrivere nuove storie.

La soddisfazione arriva quando ritrovano speranza e sorriso, quando iniziano a crederci e si rimettono in gioco nella speranza di ritrovare serenità e voglia di vivere in maniera sana e non autodistruggente. È lì che ci si sente realizzati, quando fanno le valigie per tornare a casa, terminato il percorso e, commossi ti abbracciano, ti stringono la mano e, salutandoti, ti dicono “Mi mancherai!”.

Lluvia, 28 anni, operatrice

Maggio 2023

Ho iniziato a lavorare in comunità parecchi anni fa crescendo all’ombra degli insegnamenti di don Redento e del mio primo responsabile. Ho imparato tanto da loro sia a livello professionale che personale, e per questo li ringrazierò sempre nelle mie preghiere che arrivano fin lassù.

Quando qualcuno mi domanda che lavoro svolgo, rispondo che lavoro in una Comunità della Cooperativa di Bessimo, e immancabilmente mi sento rivolgere questa domanda: ma quanti ragazzi “si salvano” dopo aver fatto un percorso comunitario?

Beh, se c’è una cosa che ho capito in tutti questi anni di lavoro a Capo di Ponte è che io educatrice non sono e non mi sentirò mai il salvatore di nessuno.

I ragazzi che si affidano a noi, che imparano a fidarsi di noi, iniziano il loro nuovo cammino di vita. Noi li accompagniamo stando al loro fianco con l’ascolto, con una parola al momento giusto, con un sorriso, con un rimprovero, con un consiglio, con una pacca sulla spalla dopo che hanno pianto pensando al loro passato… Poco importa quanto possa durare il loro percorso, se giorni, mesi o anni. L’importante è che tutte le cose buone imparate o riscoperte in Comunità diventino tesoro da investire giorno dopo giorno.

Quindi ciò che gratifica il mio lavoro di educatrice non è l’essere una ragioniera” che conta chi si salva e chi no dopo essere stato nella nostra Comunità. Ma ciò che veramente ha valore è quel GRAZIE detto con il cuore di chi continua a camminare, questa volta coraggiosamente da solo, al termine del percorso comunitario.

Battistina, operatrice

La mia esperienza nella comunità di Capo di Ponte è stata breve ma intensa!

6 mesi passati a concentrarmi sulle mie fragilità senza farmi deconcentrare dai problemi che la convivenza crea. Ho partecipato attivamente ai gruppi cercando di essere sempre me stesso. Ho creato così dei rapporti che mi hanno consentito di considerare la comunità “Casa Mia”.

Ho trovato molta umanità negli operatori ed un giusto compromesso tra ironia e serietà.

Quindi, ad oggi, mi trovo ad affrontare la vita reale senza quell’inquietudine di fondo che mi ha sempre destabilizzato e fatto ricadere parecchie volte!

Per questi motivi, quando sono in difficoltà, cerco di pescare nella memoria tutti gli insegnamenti o addirittura far due parole telefonicamente. Un abbraccio a tutto lo Staff!

E. B., utente

Da magma sono diventato forma. O almeno, ogni giorno conquisto un pezzo in più di me. Un giorno alla volta, un istante alla volta.

A marzo 2022 ho iniziato questo percorso (dopo che 3 anni prima ne avevo finito uno di 1 anno e mezzo) e sinceramente non sapevo da dove iniziare se non da me. Le parole degli operatori mi dicevano: fidati e tutti i tuoi credo cadranno e ti aiuteremo a ricostruirti come un puzzle. Io ci ho creduto! Non ho mai avuto dubbi (ma quello di credere nel lavoro di professionisti è un mio pregio). Il viaggio non finisce mai.

Ho affrontato la depressione, perché la prospettiva di non riuscire più ad uscire da questo delirio di inesistenza non usciva da me, mi sentivo condannato. E invece no! Sono qui ancora a raccontare che quei rapporti compromessi per la sostanza, se sei astinente si possono recuperare e tenere. La noia si può anche vivere in modo adeguato e le frustrazioni possono anche non mandarci fuori di testa, se prese con le dovute emozioni.

È difficile rendere in parole un cambiamento. Ma so che per renderlo possibile, devo stare lontano dalle droghe e poi tutto il resto è possibile.

La comunità ha vari step: dipende da quanto vuoi veramente superare gli obbiettivi a te proposti. Io li ho voluti affrontare al massimo, pensando che fosse l’ultima spiaggia. Ed è così che ho iniziato a vedere la possibilità di farcela e l’ho afferrata!

F. D., utente

La Cooperativa di Bessimo è una cooperativa sociale che opera dal 1976 prevalentemente nel campo del recupero e reinserimento di soggetti tossicodipendenti. La prima comunità è stata aperta da don Redento Tignonsini, sacerdote bresciano rientrato da sette anni di missione africana, in una casa della parrocchia di Bessimo di Rogno (BG), piccolo comune all’inizio della Valle Camonica da cui la Cooperativa ha preso il nome. La comunità, rivolta inizialmente all’emarginazione giovanile e adulta, si è col tempo indirizzata verso il fenomeno della tossicodipendenza, che prendeva piede in quegli anni nel territorio bresciano.

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